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8 ottobre 2011
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15 Ottobre 2011
PREMIO FELICIA IMPASTATO- MODICA (RG)
24 novembre>4 dicembre 2011
TEATRO ELICANTROPO DI NAPOLI
9 dicembre 2011
PANORAMI DEL CONTEMPORANEO- rassegna a Caltagirone (CT) by Nave Argo

domenica 19 giugno 2011

RASSEGNA STAMPA

 Il G8 di Genova tra foto e gesso 
FRANCO QUADRI-LA REPUBBLICA
 

I fatti del 2001 al G8 di Genova tornano in scena con lo spettacolo di un
alfiere dei suttascupa, Giuseppe Provinzano, 26 anni, che a differenza di
Fausto Paravidino, al cui testo in qualche modo si riattacca, vi partecipò. I
65 intensissimi minuti del suo GiOtto-studio per una tragedia, di cui è
l'unico interprete, iniziano col racconto del viaggio verso la manifestazione
chiarendone le attese, mentre al suolo, sotto le foto attaccate ai fili
trasparenti della graticcia, segna via via col gesso, in alfabeto greco, le
sezioni della tragedia che si susseguono e si cala con minimi ritocchi di
vestiario nei diversi personaggi. Ascoltiamo le previsioni dei compagni, dei
No Global in arrivo, della polizia, per trovarci sul posto in piazza Alimonda
dove l'entusiasmo cede il posto all'angoscia e piombare nell'orrore della
Diaz e di Bolzaneto, dove tra i carabinieri fanno capolino " i figli del popolo"
di Pasolini e si sentono le voci registrate dei testimoni e delle guardie in un
quadro di sonorità impressionanti. E la sera tremenda e travolgente ci
conduce dentro i fatti con una ricostruzione vera e paradossale
dell'assurdità colpevole in cui viviamo . Da vedere assolutamente

Insurrezioni a Castrovillari NICOLA VIESTI _ Hystrio .
Sembra invece composto di materia lavica GiOtto-studio per una tragedia
dei siciliani suttascupa. Giuseppe Provinzano accomuna i nefasti fatti di
Genova a quelli della tragedia classica e , dopo un prologo da cantastorie,
da vita a una serie di stazioni da via crucis della vergogna in cui "offre" la
parola ad alcuni personaggi, dal black block al poliziotto. Ma più che per la
composizione testuale, peraltro spesso coinvolgente al pari di un paio di
scene forti come la comparsa di Berlusconi in sembianze da vampiro, lo
spettacolo ci sembra tragga forza da una parallela drammaturgia dei suoni
che fornisce linfa e ancora più senso alle parole, una " camera" sonora
avvolgente e crudele a cui lo spettatore non può sottrarsi.

Il G8 come una tragedia greca 
CARMELITA CELI - La Sicilia

Sorprendente e incandescente "GiOtto-studio per una tragedia" di e con
Giuseppe Provinzano dell' a.c. suttascupa di Palermo, in vita da pochi anni
e che già investe felicemente impegno e talento (affratellatto a certo teatro
alla Paolini e Celestini) per ristabilire nel teatròn il punto d'osservazione
dell'esistenza.Il G8 fu ed è tragedia. E da tragedia greca è
drammaturgicamente trattato da Provinzano, bardato, in apertura, da
piccolo aedo di strada, giacca colorata e cappellaccio da finto
prestidigitatore:ne scompone i nefasti passaggi seguendo devotamente
l'intero schema del mitico "canto dei capri". Della tragedia delle feste
dionisiache c'è tutto compresi gli stasimi affidati a sonorità impressionanti.
Prologos, scrive sul palco a caratteri greci, Provinzano, e c'è la satira
amara (in geniale e congeniale accordo con le musiche de "La strada" di
NiNo Rota) dei preparativi, cocktail e menu compresi, amorosamente
disposti dal cavaliere per il raduno più potente del mondo del "dare non
decisioni ma orientamenti" . Nella Parodos , allineati e coperti le migliaia di
manifestanti. L'epeisodion si fa in due perchè due sono, nella scrittura
sapiente e saputa del''autore- attore, i G8: quella dei black block e l'altro
delle forze dell'ordine. E se non c'è tragedia senza Messo, quello del G8,
prima dell'esodos, è il reportage-orrore dal carcere di Bolzaneto."Ed è per
questo, signori miei, che stasera vi si racconterà la storia di Genova, di
come essa sia divenuta città simbolo della tragedia moderna ... " Genova
come Tebe e come Troia. Dolente e ardente " contro l'inviolabilità del
potere assurdo e globale", sulle note dell'Internazionale. Alle spalle di
Provinzano, non il classico retablo dipinto dei cuntastorie ma, dondolanti
come spade di Damocle, sospese diapositive della tregenda: mappe
urbane, dettagli e in primo piano la scritta di piazza Gaetano Alimonda
ribattezzata "Piazza carlo Giuliani". Scoppi, spari, sirene , imprecazioni.
Corpi a brandelli e brandelli di anima nella confessione autistica del black
block con la visiera calcata sugli occhi e nell'autoritratto in frantumi di un
poliziotto, pronipote, chissà, di quei poliziotti di Villa Giulia di Pasolini. Che
alla fine arriva davvero. E' il suo "Io so i nomi ..." a fare da imperscrutabile
controcanto ai tanti "ho visto..." di Provinzano che al suo dramma
lucidissimo e sanguigno mette un temibile punto fermo: la molteplicità delle
verità
 
Provinzano fa rivivere i tragici giorni del G8 di 
Genova ALESSANDRA BONACCORSI- Giornale di Sicilia
C'è un prologo , un coro , gli episodi,il messaggero e l'esodo. E' fatto a mò
di tragedia greca ma ne affronta una tutta moderna: quella del G8 di
Genova. L'attore sul palco racconta quello che c'è stato prima, durante e
dopo le manifestazioni del G8: non nasconde le torture fatte a Bolzaneto
da agenti in divisa; percorre senza trascurare i dettagli della morte di Carlo
Giuliani e rivive la paura di un carabiniere alle prime armi che spara e
uccide. Con un'interpretazione lineare ma comunque appassionata
Provinzano accoglie il pubblico col prologo e tracci un quadro di quanto
avvenne prima del G8; esprime le ragioni dei manifestanti e poi passa ai
due episodi: uno  di un black block e l'altro di un agente di polizia che
divisa non ha, ognuno con la sua verità.Sarà il messaggero, come in ogni
tragedia che si rispetti, a descrivere le atrocità della caserma di Bolzaneto.
E poi c'è l'esodo: è la gente comune ad avere voce, Provinzano legge
bianchi biglietti su cui c'è testimonianza scritta del dolore visto e vissuto.
Danno forza alla rappresentazione le voci e i suoni registrati , echi lontani
di chi al GiOtto c'è stato. Ma i misteri , di fatto, ancora restano.

A Genova Provinzano entra nel cuore del G8
DAVIDE TOLU- KLP Teatro

“Benvenuti, accomodatevi, prendete posto”. Lʼaccoglienza è informale, la
musica in sottofondo è sognante, ma i toni sono cupi, con un che di
scanzonato: la serata si preannuncia impegnativa. “Il mio mestiere è quello
di raccontare storie agli altri”, esordisce sulla scena uno strano
personaggio a metà tra cantastorie e direttore di circo. Il pubblico di
Genova è teso: sa che ciò a cui sta per assistere non è unʼora di
spensierato intrattenimento, non è finzione; è tutto vero, è accaduto qui,
proprio in questa città. Frutto di due precedenti studi, il GiOtto di Giuseppe
Provinzano, presentato al Teatro dell'Archivolto, è una minuziosa e
dettagliata raccolta di testimonianze e documenti. Il serrato monologo
breathless è un ibrido tra narrazione statica e racconto dinamico in cui si
susseguono diversi personaggi, ognuno caratterizzato da una precisa
collocazione sul palco. La struttura è quella della tragedia classica: con un
prologo, un eroe e un antieroe - o, meglio, una tesi e unʼantitesi - e un
coro, rappresentato dalle voci registrate di 350.000 manifestanti. Un
documento autentico che riempie la sala di inquietanti fantasmi. Genova
come Troia e Tebe, insomma. Ma, ammette lʼautore, trasformare fatti di
cronaca ancora “viva” in storia rappresentata, in tragedia teatrale, non è
stato facile. Al racconto intimista di un black block prima, e di un agente
delle forze dellʼordine poi, è affidato il compito di chiarire, dare un senso e
una direzione a una sequenza di fatti che hanno il sapore dellʼassurdo. Chi
da ribelle, chi da carnefice, ognuno si trasforma in vittima, via via sino ai
vertici del comando, finché in controluce emerge la sagoma di una
grottesca piramide di potere, una “ragion di Stato” le cui ragioni sono
sempre più oscure e minacciose. Scegliendo di mettere in scena un pezzo
di storia così recente, Provinzano si è posto un compito arduo. I rischi
erano tanti: retorica, ingenuità, superficialità. Lʼartista ha saputo superarli
scegliendo di dare voce a chi il G8 lʼha vissuto, a chi “cʼera”. Il risultato è
un tributo agli uomini e alle donne, ragazzi e ragazze, padri e madri arrivati
a Genova in quei giorni con in tasca una speranza che si sono visti
calpestare. La scelta finale dà però a tutta la storia un sapore un poʼ
fantasy: ecco infatti sfilare il cattivo dei cattivi che, incappucciato in un
mantello nero da Ku Klux Klan, trae soddisfazione dai fatti appena
compiuti, tra lʼorrore e lʼincredulità generale. E anche se questʼuomo,
esistente e riconoscibilissimo dalla parlata e dalla maschera, qui
rappresenta solo un simbolo, ci lascia perplessi lʼidea di addossare tutte le
responsabilità su unʼunica persona, attribuendole quindi dei superpoteri e
contribuendo a rafforzarne il mito: un mito che, seppur negativo, alimenta
la forza di chi ha scelto di governarci in tal modo. Il pubblico applaude a
lungo, trattenendosi - dopo la fine dello spettacolo - ad osservare il palco
da vicino, quasi possa, questo, restituire una risposta, una spiegazione ai
fatti. È doloroso tornarsene a casa con un fardello dʼangoscia, senza aver
ricevuto, almeno nel proprio intimo, una piccola rassicurazione che quanto
successo a Genova in quell’estate del 2001 non si ripeta più. Eppure di
rassicurazioni, per il momento, non ce ne sono.

G8, le voci della tragedia di Rosi Battaglia per Terre di Mezzo
Uno spettacolo che restituisce le violenze nella scuola Diaz, le torture dei poliziotti, i cori dei manifestanti. “Chi soffre di cuore, stia attento, perché si potrebbe impressionare -avvisa l’attore-: serve orecchio, fine e lucido, per sentire tutto quello che c’è da sentire”. Bombetta e gilet chiari su un fondale completamente nero, Giuseppe Provinzano, autore della compagnia siciliana “Sutta scupa”, invita il suo pubblico a prendere posto. Il giovane, classe 1982, si accinge a raccontare “una storia che è ancora cronaca” e a presentare “personaggi che sono ancora persone”. Dal 2008, “GiOtto–terzo studio per una tragedia” porta in scena ciò che accadde a Genova tra il 19 e il 21 luglio 2001, quando in occasione del rituale forum delle nazioni più industrializzate del mondo, il movimento antiglobalizzazione italiano ed internazionale, oltre 700 associazioni (dai Beati costruttori di pace all’Arci), organizza un’imponente contro-manifestazione. “La ricostruzione di quei giorni, nello spettacolo, prende la forma della tragedia classica” spiega Provinzano, che nel prologo racconta i preparativi dell’evento. Poi, con rapidi movimenti, cambia volto: “Passo dai panni dell’eroe a quelli dell’antieroe, un poliziotto e un black bloc e ognuno di essi dà la propria visione di ciò che accadde”. Come la notte di follia alla scuola Diaz, dove la polizia assalterà manifestanti e giornalisti addormentati, massacrandoli. O le torture nel carcere di Bolzaneto. “Atrocità che nessuno ha potuto vedere, rievocate dalla figura mitica del messaggero”. Monologhi scanditi dalle voci del “coro”, quelle autentiche di migliaia di manifestanti, registrate dal vivo dai registi italiani presenti in quei giorni, da Mario Monicelli a Ettore Scola. “Una drammaturgia sonora che restituisce le grida, i canti e le istanze di chi chiedeva un altro mondo possibile”. Richieste di pace, rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, di un’economia più giusta che saranno offuscate dal dramma. “In piazza Alimonda, venerdì 20 luglio, muore Carlo Giuliani -ricorda l’attore- un ragazzo ventenne, per mano del quasi coetaneo, carabiniere di leva, Mario Placanica”. Giuseppe, il pomeriggio dopo, sarà a Genova, come altre 350mila persone e vivrà in prima persona la repressione delle forze dell’ordine a suon di manganelli e lacrimogeni. La profezia di un mondo con più ingiustizie, più sfruttamento, più guerre, si è tragicamente avverata.



GiOtto
di Emanuela Ferrauto per dramma.it
Entrate, accomodatevi. Ammiccante sorriso, ironia rabbiosa che nasconde terribili verità. Il pubblico si siede e osserva questo originale direttore di un circo ormai tristemente famoso: l’Italia. Torna sulle scene napoletane Giuseppe Provinzano. Il giovane palermitano, affiancato dalla compagnia SuttaScupa e recente fondatore di Babel, sbanca, l’ultima sera, la rassegna TUNZ del Nuovo Teatro Nuovo partenopeo. L’avevamo lasciato con lo studio di "To play or to die" al teatro Bellini di Napoli, poi ricompare con GiOtto, già conosciuto al centro-nord: un testo forte, una regia innovativa, una maniera recitativa particolare in cui la gestualità sicula viene amplificata fino a diventare immagine. Lo si riconosce subito: migliaia di parole sparate a raffica, le vene del collo gonfie, il respiro affannoso, ma tutto, assolutamente tutto deve essere detto. Lo spettacolo GiOtto è un gioco di parole: vi dice qualcosa luglio 2001, Genova, G8? Ecco la tragedia che Provinzano porta in scena, quella ancora impossibile da rappresentare, quella che ancora è evento, accadimento, non è propriamente storia, quella in cui gli eroi e le vittime sono ancora nomi e persone. La regia è assolutamente innovativa. Si sfrutta la piccola sala Assoli del teatro, nera, senza palcoscenico ma con struttura quasi ad anfiteatro, inversa. Gli spettatori seduti su una sorta di scalinata possono cogliere dall’alto verso il basso il gesso bianco che scorre sul pavimento scuro, che affiora bianco su nero per effetto ottico: lettere greche, parole greche che non tutti colgono. Le parti della tragedia classica portano in scena la cronaca contemporanea che viene spinta, sbattuta, costretta ad esplicitarsi. Guardate cosa succede in Italia. L’autore diventa attore, cantastorie, narratore, ma soprattutto, con piccoli accorgimenti apparentemente banali, diventa ora l’uno ora l’altro personaggio. Abbiamo la vittima, ma anche l’assassino/vittima e gli 8 re del mondo con relativi miliardi spesi per il loro soggiorni o menù regali. Provinzano diventa Carlo Giuliani, diventa uno dei Black block e descrive il loro punto di vista, il loro modo di pensare, la loro preparazione mentale e fisica, critica coloro che si soffermano su credenze infondate, coloro che partecipano senza consapevolezza, con grande ignoranza. Ma poi diventa anche il carabiniere, quello che uccide, carnefice e vittima allo stesso tempo. Giovani del Sud che si ritrovano a fare questo mestiere non per passione e giustezza etica ma per disoccupazione, coinvolti in lavaggi del cervello per far emergere volontariamente le teste calde. Poi si svelano gli orrori del moderno lager di Bolzaneto, tra registrazioni e urla, tutte vere, poiché non esistono riprese ufficiali. Nel frattempo la zona rossa di Genova comincia a delinearsi visivamente sul pavimento del teatro, creando un semplice gioco di luci, sapiente incrocio di linee rosse di intuibile significato. Tutto questo non vi sembra abbastanza? Pensate che la sfacciata polemica del giovane palermitano sia terminata ? Invece no. Ecco allora che sul fondo del palco, tra le luci stroboscopiche e voci da animatore di villaggio, emerge una figura nera a cui manca solo la falce per non scambiarla con la più comune iconografia della Morte: la maschera del premier italiano affiora dal fondo nero, mentre si elencano con divertimento le pene inflitte agli arrestati. Questo dossier giornalistico dalla forma teatrale colpisce le coscienze, le frusta, le ferisce. Nonostante si capisca perfettamente da che parte si schieri l’autore, la mossa colta e intelligente sta nell’analizzare ogni punto di vista, ogni verità, sostenendo le motivazioni, documentando i fatti, parlando con fortissima cognizione di causa. E mentre la zona rossa è ormai delimitata e delineata, un velo nero, posto al centro del palco sin dall’inizio, viene finalmente scoperto: un idrante e mille fogli, ognuno una testimonianza. L’attore si gode, esausto, il pubblico in piedi e i tanti applausi.
To be continued…


SIDEWAYS 
di Davide Morena
Di scena il giovanissimo Giuseppe Provinzano, con uno spettacolo da lui scritto e realizzato assieme a Gabriele Gugliara (nella parte sonora, molto importante nell’economia complessiva), Fabio Bozzetta, Fernanda Filippi. Si chiama GiOtto-Studio per una tragedia, ed è il terzo della serie tutta incentrata su quei fatti di Genova di cui sarebbe comodo dire “sappiamo già tutto”, quando in realtà chissà quali e quante verità ancora aspettano di venire a galla.
Lo spettacolo è un monologo appassionato e accorato su quei tre giorni maledetti, tra una cronaca a posteriori e una drammatizzazione. Provinzano racconta cinque punti di vista diversi, o meglio sarebbe dire punte, perché è sulle punte di un pentacolo demoniaco disegnato dai fari in terra che hanno luogo. Un anfitrione, la voce dei movimenti no global, un black block, un poliziotto, un satanico Berlusconi appena intravisto di spalle. Diverse fotografie degli eventi narrati calano dal soffitto legate a catenine e illuminate appena. Una sagoma nel centro del pentacolo.
Lo spettacolo dura poco più di un’ora , e scende giù con difficoltà: Provinzano tiene bene la scena, non tradisce l’emozione del debutto (alla regia e alla drammaturgia) e non presenta ingenuità e ha trovato la giusta distanza dai fatti che racconta. Sono cose pesanti come macigni, e il monologo risulta una forma adatta. E anche il testo ha dei buoni momenti, gettando nuova luce su quanto “già sappiamo”, e riesce ad essere veramente coinvolgente, restando sempre intenso come i fatti che racconta.
Ma non è questo che più merita d’esser detto su 
GiOtto. Le attenuanti del caso ci sono tutte, e a rinvigorirle c’è il fortissimo senso civile dei nostri, che con coraggio affrontano a viso scoperto una tragedia che ancora non è conclusa. Non è poco, soprattutto riguardo a un fatto che è ancora una ferita viva del nostro bel Paese e non ancora memoria storica. Conoscendo i trascorsi dell’Italia, ciò difficilmente accadrà, appannaggio del ben più collaudato “volemose bbene”: quel giorno, Provinzano e compagnia potranno dire di aver dato fiato alla loro denuncia. Molti altri mostri sacri del teatro non potranno fare altrettanto. Al più potranno vantarsi la miliardesima rilettura del Romeo e Giulietta

GiOtto: una tragedia fuori tempo
di Rosaria Carifano per TEATROTEATRO.IT

Giuseppe Provinzano è seduto, al buio, su di un cubo nero. Mentre il
pubblico prende posto dà il benvenuto e spiega la sua presenza: è lì per
narrarci la tragedia dei fatti del G8 di Genova, nel 2001. Evento che
presenta tutte le caratteristiche della tradizione greca e che ha fatto di
Genova una novella Tebe, una moderna Troia, ma che ancora non può
trovare posto nella leggenda e nella letteratura, perché i suoi “personaggi”
sono ancora “persone” e la sua “trama” è ancora, tristemente, “cronaca”. Si
accendono le luci e il cubo nero si mostra per quello che è: una lavagna,
sulle cui facce Provinzano scriverà col gesso, in lingua greca, i momenti
della tragedia. Prologo: la preparazione degli eventi. Lʼillustrissimo premier
italiano Silvio Berlusconi si occupa di garantire ai suoi illustri ospiti il meglio
che può offrire la tradizione alberghiera e ristoratrice italiana: uno studiato
menu dʼalta cucina è accompagnato da vini pregiati, mentre ogni primo
ministro o presidente potrà contare su di una lussuosa suite,
personalizzata in base alle proprie esigenze. Intanto, per le strade, si
radunano in trecentomila, per manifestare contro i potenti della Terra.
Genova è stata divisa in tre zone, gialla, blu e rossa, e questʼultima è, in
teoria, inaccessibile. Ma sappiamo che non è andata così. Sappiamo che
ci sono stati scontri sanguinosi, che i Black Block hanno spaccato
macchine e vetrine, che Carlo Giuliani è morto in Piazza Alimonda, che le
forze dellʼordine hanno pestato immotivatamente ragazzi e giornalisti che
dormivano nella scuola Diaz, che la caserma di Bolzaneto è diventata
peggio di un lager. Lo sappiamo, ma Provinzano fa di più: ci fa ascoltare e
vedere i pensieri di un Black Block prima e di un poliziotto poi. Le loro
paure, le loro motivazioni, la loro storia. Con pochi accorgimenti nellʼabito,
cambia identità, faccia e personalità e mette in scena tutti i “personaggi” di
una “storia” che ancora storia non è. Suoni esterni al palco sottolineano o
sostituiscono le sue parole, aiutando a caricare le emozioni. Peccato solo
per una parlantina iniziale troppo veloce, emozionale, che ha fatto saltare
qualche passaggio di un ottimo testo drammaturgico. E peccato per non
essersi, in fondo, distaccato poi tanto da tutto ciò che è stato già fatto, già
detto, già sentito. Conclusione: niente sarà più come prima dopo i fatti di
Genova. Lo dicono i mille foglietti che Provinzano inizia a leggere mentre le
luci e la musica si abbassano fino a scomparire: pensieri, ricordi e
sensazioni di chi cʼera, di chi ha vissuto quei giorni e non potrà mai
dimenticarli. Curiosità: I fatti di Genova visti come il luogo di una storia
che resta nella memoria, luogo del mito e della sua tragedia. Una tragedia
che oggi non si può rappresentare.
 

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